2009 Ripensando al primo Natale post-sisma nella mia città, ricordo di aver disprezzato, con inusuale livore, la scelta dell’amministrazione civica di illuminare a festa piazza Duomo. Ancor più scoprendo che tanto sfarzo sarebbe stato la scena di note trasmissioni televisive nazionali, in diretta dalla città disastrata.
Luminarie maestose e scintillanti incorniciavano la grande piazza vuota della città, deserta, ammantata da un luttuoso silenzio. La finzione. Il dolore era cogente. La finzione delle luminarie spargeva sale sulle ferite inducendo in occhi estranei una percezione di normalità che non ci apparteneva. Il lutto delle persone dell’Aquila andava rispettato.
2013 Molto è cambiato. Non tanto per la città quanto per i cuori di chi continua ad abitarla.
Il centro dell’Aquila è ancora semideserto e in gran parte silenzioso tuttavia, si percepisce la vita della città che resiste. Viva non soltanto perché esiste, seppur dispersa, ma viva nel senso che reagisce progettando, elaborando, celebrando il passato alla maniera di esortazione per le nuove generazioni.
È uno stupore nuovo e piacevole. L’Aquila non solo resiste ma c’è.
È nel cartellone delle manifestazioni approntate per l’estate 2013. Le istituzioni teatrali e musicali, le associazioni culturali, delle arti, del volontariato, sportive, di categoria, propongono spettacoli, convegni, mostre, raduni.
L’Aquila c’è e aspira ad avviarsi prepotentemente oltre la sciagura. Lo fa per le nuove generazioni, per chi vorrà rimanere e per quanti giungeranno da altri luoghi.
Lo fa meditando il futuro. Ragionare sul futuro è vita.